Stampa

Belfiore e il suo spazio sacro

Scritto da Luciano Piermarini. Postato in Storia di Belfiore

Belfiore è un piccolo insediamento sorto lungo il Menotre -in antico Guesia -un affluente del Topino, a sei chilometri da Foligno.Infiorata belfiore 2012
Lo si raggiunge percorrendo quel tralto iniziale della Flaminia che in età moderna prese il nome di via lauretana, in quanto era la strada frequentata dai pellegrini diretti al celebre santuario mariano di Loreto. Il paese ha tutte le caratteristiche di una villa di transito che si è sviluppata in età moderna, ma la sua storia comincia molti secoli prima e le sue vicende sono legate a doppio filo sia alla strada -già diverticolo della via Flaminia diretta a Plestina, per questo detta via plestina; quindi, in età medievale, via montana; agli inizi dell'età moderna, via lauretana; infine, con il cambiamento degli itinerari, strada di Belfiore -sia al Menotre, un piccolo fiume dalla portata modesta, ma costante, la forza delle cui acque fu sfruttata sin dal Medioevo. E tra i primi ad utilizzare la forza idraulica del fiume Menotre furono i monaci di Sassovivo i quali lungo il corso di questo fiume, da Scopoli fin verso la fine della valle costruirono gualchiere per panni e per carta. Agli inizi dell'età modetna, nell'ultimo tratto del Menotre, da Pale a Belfiore, era un susseguirsi di opifici: <<cartiere di carta numero dodici, di cui otto nel castello di Pale, tre nella villa di Belfiore, uno a Carpineto, con una ramiera, cioè luogo di far rame. La qual carta si fa di tutte le sorti ed è molto stimata e si manda del continuo per servizio dei principi e ogni qualità di persone in Roma e per tutta ltalia.

Vi sono ancora tredici gualchiere di panni, cioè: due a Belfiore, due a Vescia,tîe a Rasiglia, sei a Casenove. Sedici mulini da grano ad acqua, cioè: due a Rasiglia tre a Casenove, uno a Belfiore, uno a Vescia, uno a Scopoli, uno a Pale, due a Capodacqua, due a S. Giovanni Profiammu. Così scriveva Lodovico Iacobilli, agli inizi del Seicento (Croniche di Foligno, Ms. 198 alla Biblioteca comunale di Foligno, cc.72,74,75) per illustrare I'economia di Foligno. A quel tempo, a Belfiore, funzionavano pertanto tre cartiere, una ramiera, due gualchiere da panno, un molino a grano: una concen•trazione di opifici notevole, tenuto conto che all'epoca la parrocchia contava 136 famiglie e 544 anime. In quegli stessi anni la popolazione si stava spostando da Fragnano -villaggio in posizione sopraelevata rispetto al fiume e alla viabilità -a Belfiore, sorta appunto come villa di transito. Fragnano è un prediale che deriva forse da Afrenius o Afrinius e ci tramanda il nome del proprietario di quel latifondo: un signore vissuto in età tardo antica, quando appunto i grandi poderi venivano indicati con il nome dei rispettivi proprietari. Ma va pure detto come tutta la zona circostante sia ricca di toponimi con terminazionein-ano: Scanza•no (da Scantius), Ravignano (da Ravinius o Ravilius), Pasano (da Pacius).In età feudale sul colle s. Egidio che sovrasta Fragnano, era stato eretto un castello detto Pasanello. Dice lo Iacobilli che fu posseduto, con il titolo di contea, dalla famiglia Merganti di Foligno. Agli inizi del Seicento, come ci informa lo stesso storico, la rocca, ormai mezza diruta, era proprietà della famiglia Elisei (Croniche di Foligno, c. 69). Era tuttavii sfuggito allo Iacobilli come la chiesa di S. Egidio, eretta su quell,altura e ancora officiata nel secolo XVI, nel catasto delle chiese dela diocesi di Foligno compare come chiesa di S. Egidio di Uppello, toponimo da non confondersi con il villaggio di uppello, ai piedi di Sassovivo ( P. Lugano, Delle chiese...p. 52) Furono indubbiamente i signori di Pasanello, o meglio di uppello, a donare ai monaci di Sassovivo i primi possedimenti lungo l'ultimo tratto del fiume Menotre dove, nel 1120 i monaci benedettini della congregazione di Sassovivo fondarono la chiesa di S. Nicolò de Guesia, in seguito divenuta chiesa parrocchiale di Belfiore. Il complesso monu' mentale, più volte ristrutturato, è così descritto in una relazione del sec' XVIII compilata dal priore Mancia e riportata dal Cantarelli: <la chiesa è a tetto pianellato di due navate... a tre porte, due principali e una porticina che corrisponde dall'orto del priorato... a quattro finestre. Vi iono sette altari, cioè: l'altare del SS. Sacramento' con suo quadro grande, con sua cornice dipinta e filettata d'oro, con li quindici misteri del SS. Rosario, rappresentante la SS. Vergine, S. Domenico e S. Rosa (!). Ne'due lativi sono altri due quadri, uno rapplesentante S. Feliciano e l,altro S. Nicolò. Vi è l'altare di S. Francesco a mano destra di detto altare del SS. Sacramento con la effigie di detto santo in atto di orazione, dipinto nel muro. A mano sinistra l'altare di S. Antonio abbate, parimente dipinto nel muro; di sopra a detto santo vi è l'immagine della B. Vergine dipinta come sopfa. Nel medesimo altare vi è una cassa di legno iitagliaia, dipinta e dórata, dove si consewano le S. Reliciuie... vi è ancora per la linea della chiesa nella navata principale I'altare della SS. Trinità che, per quello comunemente si dice, è stata fatto dalla casa Pierantoni di Foligno. vi è un quadro grande dove si è cristo in croce, il Padre Eterno, lo spirito santo e diverse altre figure con cornice di legno... un poco più giù vi è l'altare del carmine della Beatissima Vergine che ha parimenti al suo quadro rappresentante la Madonna del Carmine e di sotto le anime del Purgatorio, con sua cornice di legno dipinta e dorata... In facciavi è l'altare di S. Giuseppe. Ha il suo quadro rappresentante S. Giuseppe agonizzante, la Madonna, S. Giovanni et intorno vi sono dipinti vari misteri della Beatissima Vergine con ornamento di cornice di legno negra... dall'altro angolo della chiesa vi è l'altare di S. Carlo con suo quadro di tela rappresentante il detto santo con sua cornice di legno dipinta e dorata e parte intagliata e fuori di detta cornice vi è l'ornamento dipinto a fogliame... A mano destra della porta principale vi è una pietra antica con alcune lettere che poco si leggono: solamenteDiis Manibus con altri ornamenti,la quale presente•mente serve di trocco per l'acqua santa... il campanile è di fabbrica quadrangolo e vi sono numero tre campane, cioè la principale di libre 300 circa, la seconda di libre 200 circa,la terza piccolina di libre 35 in circa> (A. Cen-rannrrt, Della chiesa e villaggio di Beffiore nel tenitoio di Foligno, notizie storiche, Ms. F. 42 alla Biblioteca comunale di Foligno, Appendice I) Dallo stesso Cantarelli, che fu parroco di Belfiore dal1865 al I90I, apprendiamo che, all'epoca Belfiore contava mille abitanti <<compresi quelli dei piccoli paesi appodiati al medesimo, cioè: Scanza•no, Lieo, Ravignano, S. Vittore e una piccolissima frazione di Vescia, mentre nelt644 ne contava non più di544. È nel territorio di Foligno il paese più notevole per cultura e industria, vi sono due scuole elementari per fanciulli e fanciulle, un medico chirurgo stipendiato dal municipio di Foligno, nonché un asilo scuola infantile la cui erezione si deve all'operato dei capi delle agiate famiglie massime del signor Innamorati Matteucci Dott. Carlo medico; finalmente un concerto filarmonico diretto dall'egr. maestro sig. Abele Belli di Foligno. La principale industria sono le cartiere, e fra esse primeggiano quella del sig. Gismondi fratello del fu Damiano, d'Innamorati Antonio del fu Lorenzo, d'Innamorati Natale del fu Ferdinando, d'Innamorati Antonio del fu Giovanni Battista e dei fratelli Germondi del fu Feliciano. Le dette cartiere a fronte della concorrenzadellacartaamacchina consumano in ogni anno circa un milione di libbre di genere greggio e danno un prodotto medio di oltre venticinquemila risme di carta la cui tenacità e drrevolezzala rendono preferibile alle altre e se ne fa gran smercio nelle vicine province, massime nella cancelleria e in Roma stessa trovandosi utilissima per uso delle cancellerie. Oltre alle indicate cartiere conta ancora non pochi opifici cioè: un maglio o fonderia di rame cui presiedè per più anni il signor Antinucci Francesco, oggi il suo figlio Egidio. Due molini a grano l'uno di proprietà del serenissimo principe Piombino duca di Sora e l'altro del signor Gismondi Giovanni del fu Damiano. Dieci molini ad olio nei quali si contano venti mole ed è stragrande la macinazione che ogni anno vi si fa delle olive. Atteso che i possidenti del villaggio non paghi della non poca quantità che qui si raccolgono ne fanno acquisti dai paesi e città vicini come da Foligno, spello, Assisi, Bevagna, Montefalco. Si distinguono fra gli altri per siffatta industria i signori Innamorati Antonio del fu Lorenzo, Matteucci carlo con cherubini rito e Innamorati Natale del fu Ferdinando. euattro labora•tori nei quali dall'osso delle olive viene estratto I'olio così detto lavato, fra i quali primeggiò quello dei signori Innamorati figli del fu G. Battista cioé Angelo, Girolamo e Francesco. occasione di sì prospera industria sono le acque del fiumicello Menotre che, precipitandosi dalle coste del gran sasso di Pale, formano cascate di amenissima veduta non dissimili dalle tante rinomate dellasvizzera. Dissi occasione, perché le cause vere della menzionata prosperità furono la mente e l'operosità degli abitanti che seppero trarne con bella e magnifica gara un migliore profitto>. così relazionava. sulla fine dell'800, il Priore cantarelli nel citato libro di memorie, Della chiesa e villaggio di Belfiore (appendice II). Ma già in quegli stessi anni le cartiere presenti a pale e a Belfiore erano piombate <in assai umile stato>>, come ebbe a scrivere il Francesconi (Alcuni elementi di statistica delle province dell'Umbria, Perugia 1872 pag.356). Delle sedici cartiere ne restavano appena quattro alla vigilia della grande guerra le quali poi si ridussero appena a due nel 1930, le stesse che sono giunte sino ai nostri giorni. Eppure agli inizi del nostro secolo non solo si sperava, ma si credeva fermamente che il destino di Belfiore fosse stato diverso da quello che il Francesconi aveva molti anni prima delineato. Ecco quanto il20 maggio 1906, sotto il titolo Festa dell'industria a Beffiore, scriveva Antonio Mancinelli in un servizio giornalistico da Belfiore: <<Belfiore, industre îrazione del nostro comu• ne, si è arricchita di un nuovo stabilimento per la fabbricazione della carta da imballaggio e dei fiammiferi di legno. E ieri se ne solennizzò dai proprietari signori Guglielmo e Liborio coltorti, l'apertura ufficiale, presenti il sindaco di Foligno, il sotto prefetto, l'on. Fazi deputato del collegio, il pretore avv. Desantis, molti industriali del circondario e l'intera colonia dei marchigiani residenti a Foligno. euesta venne visitata per spirito di correligionarismo essendo i signori coltorti oriundi di Iesi (Marche). Lo stabilimento sorge alle falde del colle di Pale in prossimità del fiume Menotre, da cui deriva l'acqua, e consta di quattro capannoni, comunicanti tra loro: dispone di un completo macchinario, ed impiega circa cento operai tra uomini e donne. E òerto che il sorgere di questo stabilimento nel territorio di Belfiore, centro ragguardevole di industria, per la utilizzazione fatta da quegli abitanti delle forze idrauliche del Menotre, discendente nella vallata in artistiche cascate, determinerà un awiamento dell'industria della carta, colà largamente esercitata, verso metodi più razionali e pratici. Cosicché l'industria stessa si awantaggerà dando risultati economici migliori e tali da far riverberare il maggior bene economico sulla frazione stessa e sulla classe operaio>. Della storia di questa attività, che per secoli ha fatto della valle del Menotre uno degli angoli più industriosi dell'Umbria, ha scritto con abbondanza di particolari lo storico mons. Faloci Pulignani. Ma già in quegli anni f industria della carta di Belfiore era entrata in crisi. L'efficienzadei moderni molini a cilindri provocò poi, negli anni'40-50, l'inevitabile declino e quindi la chiusura dei vecchi e modesti impianti a palmenti. Questa brusca caduta economica segnò per Belfiore un destino diverso: da comunità pilota e trainante dell'economia folignate fu relegata al rango di modesta frazione della periferia di Foligno. Le prime abitazioni civili di Belfiore furono indubbiamente una conseguenza della presenza di opifici lungo il corso del fiume Menotre. Lavilla di Fragnano infatti non sorgeva lungo il corso del fiume, ma sulla collina che domina questo corso. Il nuovo insediamento ebbe inizio durante il sec. XVI. E, sulla fine del '600 la villa di Belfiore aveva già una propria chiesa, quella di S. Maria; mentre la comunità di Fragnano era servita dalla chiesa di S. Eutizio. In alto poi, sul colle di S. Egidio, dove appunto un tempo sorgeva il Castello dei conti di Uppello, restava in piedi la chiesa di S. Egidio, ora detta di Pasanello, sulla cui facciata Fabio Pontano (Discorso di Fabio Pontano sopra l'antichità della città di Foligno, Perugia 1618 pag. 42) lesse la seguente iscrizione EX VOTO DONUM 

 

POSUIT C. TETTIUS
FESTUS PRO SE
ET SUIS L.D.D.D.
Del toponimo Belfiore ben presto s'impadronì la leggenda così riferita da Michele Faloci Pulignani: << una volta accadde che viaggiando per la strada di Colle, forse reduce o diretta a Loreto, una certa regina della quale il nome si ignora, e di lassù mirando giù in fondo nella piccola valle il nostro villaggio ne chiese il nome a quelli che l'accompagnavano: Bel Frignano, Risposero questi; ed essa: -oh! brutto nome, soggiunse, e perché non chiamarlo Bel fiore? Il grazioso complimento della regina, giunse agli orecchi degli abitanti, i quali, immaginate voi, con quanto piacere profittassero della fortunata occasione che si presentava loro di togliersi dallo stomaco il grave peso di un nome che li faceva mettere in burla dai vicini. Fragnano fu relegato fra le anticaglie ed in quella vece uscì fuori un simpatico Bel fiore, nome che veramente non corrisponde troppo alla realtà, ma che in fondo è sempre un bel nome e che in parte compensa assai bene la realtà. Così i Be[rignanesl rinunciarono al venerando nome che avevano avuto in retaggio dai loro padri e si convertirono in Belfiorest". (M.FarocI PurtcNaN1 La musa di Befiore, in II Topino I (1885), 7 febbraio, pp. a2-a3) Belfiore, il nuovo insediamento sorto lungo il corso del Menotre a fianco degli opifici, si dotò di una propria chiesa che intitolò a S. Maria Assunta la cui fabbrica, iniziata nel 1683, proseguì fino agli inizi del nostro secolo, quando appunto I'architetto Vincenzo Benvenuti diresse i lavori dell'attuale facciata. Sul terzo altare a sinistra, nel 1872 fti riportato l'affresco strappato dalla cappella di S. Maria del Prato, un'edicola del sec. XIV dedicata, forse nel secolo successivo, alla Madonna di Loreto, come si apprende dalf inventario redatto nellT29 (riferito inappendice I). Vi è raffigurata la Madonna col Bambino fra S. Vincenzo Ferrer e altro santo frate. Nel 1641I'edicola era stata trasfor•mata in cappella a motivo delle numerose grazie che i Belfioresi avevano ricevuto invocando quella sacra immagine. Mentre la demolizione nel L872 si era resa necessaria per l'ampliamento della strada principale che attraversava il paese. Questa immagine, insieme ad altre edicole, delimitava lo Spazio Sacro di Belfiore e costituivano una protezione spirituale per gli abitanti, quasi una barriera frapposta alle forze del male, il corrispettivo del ruolo che svolge la cinta muraria per una città. La prima edicola e indubbiamente anche la più importante dal punto di vista artistico e storico è la Maestà di S. Anna. Come la Maestà del S. Maria del Prato, anche la Maestà di S. Anna fu racchiusa entro una cappella. Era stata affrescata nel sec. XV da uno dei maggiori rappre•sentanti della scuola pittorica folignate, cioé da Pierantonio Mesastris. Il primo che attribuì la cappella di S. Anna al Mesastris fu Adamo Rossi, (I pittori di Foligno Perugia 1872 pag.11): tra le opere riconosciute al maestro, al n. ll elenca: <Affreschi in una cappella dedicata a S. Anna, presso Belfiore. Rappresentano all'esterno San Nicola da Tolentino e S. Antonio da Padova; nella grossezza dellanicchia S. Rocco e S. Sebastia•no; nel centro dell'archivolto Cristo benedicente; nella parete di fronte, sopra un arazzo sostenuto da angeli, in mezzo: la Vergine Madre; a destra S. Anna e S. Francesco, a sinistra S. Gioacchino e S. Onofrio>. Pochi anni dopo Michele Faloci Pulignani nellaGazzetta di Foligno, del30luglio 1892, dedicava un medaglione aLa Maestà di S. Anna: <<ci sono complessivamente 13 figure colorite a fresco. È nel centro la Madonna seduta col Bambino nudo in seno, Bambino che forse benedi• ceva i devoti colla destra, oggi perduta. Due puttini che ricordano quelli dipinti da Pierantonio Mesastris nelf ingresso del monastero di S. Anna e in quello di S. Lucia, reggono rtn aÍazzo dietro la Madonna>. Faloci lasciò aperto il problema delf identificazione di due santi privi di particolari connotati iconografici: il santo posto a sinistra della Madon• na; e, il santo francescano posto sull'esterno dell'arco. Mentre qualche anno più tardi il medesimo dedicò a Pierantonio Mesastris un breve saggio dove l'edicola è appena menzionata. Ma la migliore biografia del nostro pittore è quella apparsa nell'opera di Umberto Gnoli, Pittori e miniatori dell'Umbria dove appunto tra le opere del maestro figura anche la nostra Maestà di S. Anna. Una delle ultime descrizioni è quella apparsa nella Guida di Foligno del Messini-Cecchini. Vi si legge: <Edicola con numerosi affreschi del Mezzastris molto deperiti: inmezzo Madonna col Bambino, a sinistra S. Anna e S. Francesco, a destra S. Gioacchino e S. Onofrio nel sottarco; in alto il Redentore benedicente amezzo busto; a destra S. Sebastiano, a sinistra S. Rocco; nell'esterno dell'arco: a destra un santo francescano, a sinistra S. Nicolò vescovo>>. Nonostante l'assenza di particolari attributi iconografici, l'origine benedettina della chiesa di S. Nicolò, da una parte e, dall'altra, la particolare devozione dei Belfioresi verso S. Antonio da Padova per• mettono di identificare in s. Benedetto il santo che affianca s. Anna, e in s. Antonio il santo francescano posto all'esterno dell'arco. Non v'è dubbio che la Maestà abbia svolto la funzione di barriera spirituale contro la peste, attesa la presenza dei santi fugatori della peste e dei santi patroni della comunità; ma si ignora l'anno di costruzione dell'edi• cola che indubbiamente va messo in relazione con una di quelle pesti che dal 1480 alla fine del secolo colpirono la città. Anno probabile del voto è il 1485 quando il morbo colpì Foligno con straordinaria violenza procurando circa mille vittime, come si apprende dagli annali della città. La Maestà di S. Anna ultimamente era quasi divenuta illeggibile e necessitava di un restauro, reso più urgente dalla crescente devozione dei fedeliverso quell'immagine. Si fece carico dell'operazione culturale la Cassa di Risparmio di Foligno la quale, in occasione dell'inaugurazio• ne dei lavori di restauro, pubblicò un opuscolo con immagini a colori dell'edicola e di alcuni particolari; il tutto preceduto da questa scarna presentazione: <<la Cassa di Risparmio di Foligno è lieta di presentare alcune illustrazioni di una parte delle opere di restauro fatte eseguire nel 1973 con il suo contributo, nella cappella di S. Anna, in Scanzano di Foligno, affrescata da Pierantonio Mesastris nel XV secolo. Il restauro è opera del noto pittore umbro Renato Cristiano>. All'edicola di S. Anna che delimita e sactalizza il territorio di Belfiore verso Foligno, fa parallelo riscontro l'edicola della Madonna del Piano, di fronte alla Ripe e in via Altolina, che delimita il territorio di Belfiore verso Pale. una targa sul retro dell'edicola ci informa che questa maestà fu <<restaurata in memoria del prof. Pietro Colombatti. Anno mariano 1988>. In alto, entro nicchia, Madonna con Bambino fra banti, di scuola perugina del sec. XVI. In basso, entro un arco, una seconda immagine. Dell'antico affresco, probabilmente del sec. XV, rimane appena qualche frammento di intonaco colorato e al posto dell'affresco è stato collocato un piccolo quadro con una assai modesta stampa raffigurante la Madonna del Buon Consiglio. La presenza di fiori freschi e di lumini è tuttavia una riprova della devozione che continuano ad avere verso questa immagine i Belfioresi per i quali indubbiamente seguita a svolgere, insieme alla maestà di S. Anna, un ruolo di difesa e di protezione del loro territorio. Ambedue queste immagini definiscono, come è stato già accennato, il tratto belfiorese dell'antica via di collegamento tra la città di Foligno e la sua montagna. Diverso invece il destino delle altre edicole che di certo sul calare del Medioevo definivano al di qua e al di là, lungo la bassa valle del Menotre, lo spazio sacro di Belfiore. Le prime case di Belfiore erano sorte lungo la strada che costeggiava il Menotre. Ci fu poi un addensarsi di edifici tra la chiesa di S. Maria e la casa degli Unti. Nel 1872, per lo snellimento del traffico dei veicoli che passavano per Belfiore, si rese necessaria, in quest'ultimo tratto, l'apertura di una circonvallazione: il che comportò la demolizione di alcuni edifici, fra cui l'edicola di S. Maria del Prato che nel \641 era stata trasformata in cappella. Ma attesa la devozione che i fedeli avevano verso l'immagine ivi effigiata, la quale idealmente definiva ad Ovest l'abitato di Belfiore, mentre l'edificio fu demolito in occasione appunto dell'apertura della variante, l'affresco <<venne distaccato dalla muraglia e formatone un quadro fu collocato nell'altro tempio del villaggio sotto il titolo di Maria Assunta in cielo. Quivi esposta alla pubblica venerazione, questi popolani mossero in gran folla ad onorarla e tutti si videro prostrarsi al suo piede emuli del prisco fervore de'padri loro>. È quanto scrisse, appunto per l'occasione, I'allora priore parroco Alessandro cantarelli, Brevi notizie intomo all'immagine di Maria santissima sotto il titolo del prato venerata in Belfiore di Foligno con l'aggiunta di tre devote preghiere a di lei onore, Assisi tip. Sensi aprile 1872. Peggiore invece il destino dell'edicola che, idealmente, delimitava l'abitato di Belfiore verso il Menotre, cioé a Est. E l'edicola di via Pertichetti, sorta, come si può dedurre dai pochi lacerti, nel secolo XV, ma oggi miseramente ridotta a pollaio. Caduta completamente la pellicola pittorica, qua e là rimangono però tracce della sinopia da cui si evince che l'affresco raffigurava una Madonna con bambino fra santi. Sembra che sia l'edicola, come la strada di accesso attualmente sbarrata da un cancello, solo di recente siano state sottratte alla pubblica fruizione e privatizzate. Ciò però che più colpisce non è tanto l'occupazione indebita di questi spazi pubblici e un tempo sacralizzati dalla pietà dei fedeli, quanto il fatto che ciò sia accaduto nel più completo disinteresse della comunità di Belfiore. Il recente intervento di restauro dell'edicola della Madonna del Piano è indubbiamente una riprova che il sentimento religioso dei Belfioresi è quanto mai vivo; il che ci fa ben sperare che anche sulla maestà di via Pertichetti quanto prima si intervenga. Si tratta di un bene religioso e culturale per il quale oggi è ancora possibile un'azione di recupero. E, rinunciare a un pronto intervento di certo comporterebbe la perdita definitiva di questo monumento della pietà, con il rischio ulteriore di una perdita progressiva della propria identità.